Quando ascoltiamo "Il suonatore Jones" ci ritroviamo in un vortice di emozioni che ci accompagnano per tutto il brano.
Il suonatore Jones è l'ultimo brano del disco, la canzone che chiude il concept album 🎧🎶 "Non al denaro non all'amore né al cielo " di Fabrizio De André. Se vogliamo veramente "entrare" nel brano e assimilare tutto quello che può darci, è necessario ascoltare l'intero album.
Jones è senza dubbio il personaggio più importante, è a lui che De André affida il messaggio più significativo: vivere nel migliore dei modi, perché la morte verrà all'improvviso ed è quindi importante spegnersi con "...ricordi tanti e nemmeno un rimpianto". Proprio al riguardo Fabrizio De André diceva:
"Il suonatore di violino (che è diventato per ragioni metriche di flauto) è uno che i problemi se li risolve, e se li risolve perché è un "disponibile". È disponibile perché il suo clima non è quello del tentativo di arricchirsi ma del tentativo di fare quello che gli piace: è uno che sceglie sempre il gioco, e per questo muore senza rimpianti. Non ti pare che sia perché ha fatto una scelta? La scelta di non seppellire la libertà" _ dall'intervista di Fernanda Pivano nel libro "Fabrizio De André, La cattiva strada, da Carlo Martello a don Raffaé".
Clicca quì per il libro sopra citato. 📚
Non a caso è sempre a Jones che è dedicato il verso (nel finale di Dormono sulla collina) che da il nome a tutto il concept:
...Dov'è Jones il suonatore
Che fu sorpreso dai suoi novant'anni
E con la vita avrebbe ancora giocato
Lui che offrì la faccia al vento
La gola al vino e mai un pensiero
Non al denaro, non all'amore né al cielo
Lui sì sembra di sentirlo
Cianciare ancora delle porcate
Mangiate in strada nelle ore sbagliate
Sembra di sentirlo ancora
Dire al mercante di liquore
"Tu che lo vendi cosa ti compri di migliore?...
-
Il brano inizia con una breve parte strumentale, proprio come l'inizio dell'album in "Dormono sulla collina" che però risulta essere più lunga, ritmata, e sinistra. E subito dopo in entrambi i brani, sarà proprio la chitarra ad accompagnare e a introdurre la voce.
Nella mia partitura, dopo la breve introduzione, ho inserito solo due strofe, che possono però essere ripetute più volte (come l'originale), e dopo l'accordo di E7, che interrompe e sospende l'andamento musicale, inizia la parte finale del brano, modulando in tonalità maggiore.
Nell'originale la parte finale è affidata a una voce femminile, è sicuramente il momento più evocativo del brano, ricorda la musica di Ennio Morricone, ed è un tema musicale già presente nel concept, precisamente nel brano "Un chimico" (dal minuto 1.42 a 2.04 circa) e anche se con una melodia diversa, una parte simile è nel brano "Un malato di cuore" (da 2.08 al 2.27 circa).
Ho voluto chiudere la partitura, senza riprendere la musica dell'introduzione (come invece fa nell'originale) perché suonata così ricorda anche il finale del "Un malato di cuore" che viene affidato proprio alla chitarra classica con una citazione del secondo movimento dell'Inverno di Antonio Vivaldi.
Tutto il concept di De André è ispirato all'"Antologia di Spoon River" di Edgar Lee Masters, riporto qui di seguito il testo del Suonatore Jones.
La terra ti suscita,
vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca, per tutta la vita.
Che cosa vedi, una messe di trifoglio?
O un largo prato tra te e il fiume?
Nella meliga è il vento; ti freghi le mani
perché i buoi saran pronti al mercato
o ti accade di udire un fuscìo di gonnelle
come al Boschetto quando ballano le ragazze.
Per Cooney Potter una pila di polvere
o un vortice di foglie volevan dire siccità;
a me pareva fosse Sammy Testa-rossa
quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare le mie terre,
– non parliamo di ingrandirle –
con la ridda di corni, fagotti e ottavini
che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa,
e il cigolìo di un molino a vento – solo questo?
Mai una volta diedi mani all’aratro,
che qualcuno non si fermasse nella strada
e mi chiamasse per un ballo o una merenda.
Finii con le stesse terre,
finii con un violino spaccato –
e un ridere rauco e ricordi, e nemmeno un rimpianto.
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